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FIORI DI PAROLE di Giada Salvatore

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Cosa sono le parole, se non il respiro dell’anima? I sospiri e gli affanni dell’animo, la scintilla che nasce nella nostra psiche e graffia, strappa ed urla per uscire allo scoperto. Bruciano, bruciano la gola e lo spirito quando tentiamo di ingoiare, di mandare giù le amare e dolorose parole che reggono le sorti del nostro destino. E poi, il coraggio, l’ardore e il fuoco che sono in noi prendono il sopravvento, e le parole diventano concrete, tangibili, come una soffice nuvola che finalmente diventaPP afferrabile.  Ma la concretezza non è sinonimo di durabilità, perché le parole sono come magnifici fiori in un campo incontaminato: a volte vengono colti, altre volte sono abbandonati a sé stessi, destinati ad appassire e ad essere cancellati. Tuttavia nulla è vano, poiché i fiori tornano a Madre Natura come le parole ai nostri cuori, dove troveranno riparo e dimora per l’eternità. Giada Salvatore, classe I A, Liceo classico.

STOP! VIOLENZA SULLE DONNE di Maria Vittoria Giglio

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                          Il mio mondo era fatto di piccole cose, non mi sono mai reputata una persona che vive “alla giornata”, forse lo ero o forse no…chi lo sa? Sono Camilla ho 19 anni, sono di Salerno e avevo un figlio. Iniziò tutto quando, il terzo anno di liceo, iniziai a frequentare l’uomo che, successivamente sarebbe stata la causa di ogni mio male. Era altissimo e bellissimo, condotta esemplare e se non erro il voto più basso che aveva, era un 8 in matematica. All’epoca avevo 16 anni e quando lui si trasferì dal liceo classico di Napoli a quello di Salerno aveva appena compiuto 19 anni. Prima di allora, non avevo mai avuto una relazione seria con alcun uomo. Anche io andavo benissimo a scuola, i docenti erano fieri di me e degli eccellenti risultati raggiunti alla fine del ginnasio, la fase propedeutica per il liceo classico. Vorrei tantissimo sfogliare il mio “Rocci” e strapparmi i capelli se non dovessi riuscire a risalire alla prima persona singolare del tempo presente, mo

LA MIA VITA DA AVATAR di Maria Vittoria Giglio

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                              -“BOOOOM BAAAAM” -“MUORI STUPIDO!!” -“HO VINTOOOOO” Parolacce varie se la vittoria dovesse tardare ad arrivare o peggio, non dovesse arrivare proprio. Secondo voi come mi sono sentito in tutti questi anni?  “Lavoro” come avatar da 20 anni in una cooperativa di videogame…interessante, vero? Assolutamente no! All’inizio ero emozionatissimo, iniziò tutto con un colloquio alla “INTEL PROJECT FOR YOUNG PEOPLE” mi assunsero immediatamente, ricordo ancora il direttore della casa programmatrice, con la sua voce ferma e autorevole disse: “Bene giovanotto, ho dato un’occhiata al tuo curriculum, sei in gamba e hai le qualifiche adatte per diventare parte integrante del mio progetto. SEI ASSUNTO”.  Felicissimo, corsi verso casa per dare la buona notizia alla mia fidanzata, la quale, con gli occhi più “a cuore” che mai mi disse che il mattino seguente sarebbe andata a casa dei suoi genitori per dir loro che ci saremmo sposati qualche mese più tardi. Ci coricammo e impr

TRA STRUGGIMENTO E EMOZIONE

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Luce e pioggia, e parole narrate  La pioggia  " Potrebbe sembrare che il Cielo, con le sue abbondanti piogge, cerchi di punire l’uomo portandogli via il caldo sole e la serenità di un clima favorevole. In realtà il Cielo, portando la pioggia, lascia scorrere le copiose lacrime di un dolore struggente, di quella sofferenza che noi uomini gli arrechiamo. Tramite il suo pianto, ci trasmette il suo stato d’animo e ci sommerge di amare gocce di pioggia, ma, allo stesso tempo, la sua liberazione dal dolore che lo affligge rappresenta un dono inestimabile. Un dono per la natura, sua amata sorella, che ne ricava nutrimento e fonte di vita, e un dono per l’uomo, perché il rumore della pioggia è come una danza leggiadra di spiriti della natura, che portano pace e serenità nel tormentato animo umano. Il rumore della pioggia, dunque, si carica della nostra fatica e sofferenza, donandoci riposo e tranquillità, nonostante siamo noi la cause del tormento del Cielo".                        

IF A TREE COULD TALK di LORENA PIZZI

  Eccomi qui! Un piccolo alberello alto più o meno un metro...  Da grande diventerò un grandissimo albero, con un tronco e una chioma che farà invidia anche agli alberi in quei giardinetti nelle villette di quei ricconi in paese, anche se non avró mai la possibilità di vincere una competizione contro di loro. Ma non mi faccio scoraggiare e continuo a crescere, e crescere, e crescere. Vicino a me c'è un altro alberello, è più grande di me, molto più grande, ma non abbastanza per farmi intimorire. Intravedo piccoli segni sul suo tronco... "Hei chi sono H e L?" Chiesi ma non mi rispose, allora alzai la voce perché forse non riusciva a sentirmi.  "Hei amico! Sto parlando con te."  "Lo so" rispose secco.  Quell'alberello non mi piace affatto. "Tu non mi piaci" gli dissi ma anche questa volta non ricevetti risposta.  "Hei tu! Io ti ho fatto una domanda" "So anche questo"   "E perché non mi rispondi?" piagnucolai in

IF A TREE COULD TALK...di ADA PETRILLO

  Salve miei giovani amici, è il signor Faggio che vi parla, oggi è il mio centotrentaduesimo compleanno, e come tutti aspetto questo giorno con ansia, però questo è un compleanno molto particolare, infatti sto aspettando che comincino i lavori per il mio abbattimento. Già avete capito, tra poco vi saluterò dopo 132 anni. Tranquilli, tranquilli bambini, non sono qui oggi per parlare del mio dolore e neanche per raccontare la mia storia, ma per parlare della mia vita insieme alla vostra, di come noi, semplici alberi immobili facciamo parte della vostra vita, passando molto spesso inosservati. Mi trovo in città, in un grande parco trafficato e spesso nessuno si accorge di me, nonostante abbia visto molti bambini diventare adulti, ho lasciato che la mia ombra proteggesse dai raggi del sole le carrozzine con i bambini addormentati, sono la casa dei vostri amati uccellini e vi lascio fare picnic e spuntini sotto la mia chioma. Devo dire che mi avete aiutato in questi lunghi anni e grazie a

IF A TREE COULD TALK... di SERENA ABBADESSA

  Era il 10 maggio 1940, i Paesi Bassi furono attaccati e occupati dalla Wehrmacht tedesca: le forze olandesi capitolarono. Anche per gli ebrei dei Paesi Bassi incombeva lo stesso destino di quelli delle altre zone occupate. Arrivò il 17 luglio. Quel giorno partì il primo treno per Auschwitz e agli ebrei fu tolta la cittadinanza, e nel mattino del 4 agosto 1944 Joseph fu deportato al campo di concentramento di Amersfoort. Il ragazzo ormai solo, strappato via dalla sua famiglia, percorse l'ingresso insieme agli altri trasportava i mattoni, e chi, come il ragazzo, gli venne dato il lavoro di piantare gli alberi. Quello era il suo compito del giorno. Allora si munì di zappa e cominciò a scavare fino ad ottenere una grossa buca per lasciarci cadere infine il seme.  Da quel giorno passarono mesi e mesi di duro lavoro, e ogni giorno il ragazzo dopo il lavoro si recava dove aveva piantato il seme per annaffiarlo, e la piantina, cresceva sempre di più.  Dopo un anno era diventata un albere