STOP! VIOLENZA SULLE DONNE di Maria Vittoria Giglio

                         

Il mio mondo era fatto di piccole cose, non mi sono mai reputata una persona che vive “alla giornata”, forse lo ero o forse no…chi lo sa?
Sono Camilla ho 19 anni, sono di Salerno e avevo un figlio.
Iniziò tutto quando, il terzo anno di liceo, iniziai a frequentare l’uomo che, successivamente sarebbe stata la causa di ogni mio male.
Era altissimo e bellissimo, condotta esemplare e se non erro il voto più basso che aveva, era un 8 in matematica. All’epoca avevo 16 anni e quando lui si trasferì dal liceo classico di Napoli a quello di Salerno aveva appena compiuto 19 anni. Prima di allora, non avevo mai avuto una relazione seria con alcun uomo. Anche io andavo benissimo a scuola, i docenti erano fieri di me e degli
eccellenti risultati raggiunti alla fine del ginnasio, la fase propedeutica per il liceo classico. Vorrei tantissimo sfogliare il mio “Rocci” e strapparmi i capelli se non dovessi riuscire a risalire alla prima
persona singolare del tempo presente, modo indicativo.
Tornando alla mia storia, era il 24 ottobre 1989, giorno dell’elezione per i rappresentanti d’istituto, quando ebbi il mio primo incontro diretto con quell’animale.
“Piacere Simone, tu devi essere Camilla, la cocca della Raffaeli e la prima della classe, giusto?”
Infastidita, capii che il soggetto, nonostante sembrasse una persona per bene, fondamentalmente era il solito ragazzo ricco di città che crede di essere onnipotente.
Gli risposi:” Sì, pensa, ho anche intenzione di candidarmi”
Con risatina da ebete disse: "In questo caso, buona fortuna, amore” e prima di allontanarsi da me, mi diede un bacio sulle labbra.
Lui si presentò insieme ad un altro ragazzo della sua classe e vinsero, io persi per soli 6 voti.
Mentre stavo tornando a casa, ancora irritata per quegli inutilissimi 6 voti in più che mi avrebbero portata alla vittoria, sentii il calore di due mani che mi coprirono gli occhi.
“Al ladro, al ladro” urlai voltandomi dalla parte opposta per guardare negli occhi quello che
pensavo, in quel momento, sarebbe stato il mio scippatore.
Uaiunciell, sta’ senz pensier, sono io Simone”
“Sei un povero idiota, sei stato eletto da quattro troiette che pur di ricevere qualcosa da te, vendono la loro dignità”
Mi prese la mano e mi tirò a sé come se avesse intenzione di riprendere il bacio lasciato in sospeso quella mattina. Istantaneamente gli tirai una testata e scappai via, lui continuò a inseguirmi, ma
per fortuna riuscii a trovare un albero molto alto dietro al quale nascondermi.
Il mattino successivo, appena suonò la campanella, mi fermò la bidella e mi consegnò una lettera scritta da Simone, quella mattina avevo la versione di latino e non andò benissimo…si può dire che
odiassi follemente il professore di latino e che, conseguentemente al liceo mi trovai malissimo in questa materia. Fatto sta che, durante la ricreazione chiusi la porta del bagno a chiave e iniziai a
leggere: "Cara Camilla, è vero sono arrogante, presuntuoso e viziato. 
Desidererei tanto che mi perdoni per gli equivoci dei giorni precedenti…credimi se ti dico che sono una persona migliore rispetto a quella che posso sembrare.”
La mia reazione fu più o meno così:”Ma chist o ver fa? E’ proprio un imbecille! Seriamente crede che ceda alle sue lusinghe da ricco spregiudicato?” 
Gettai il pezzo di carta straccia nel cestino e proseguii con le attività curriculari.
Io e Melissa, la mia migliore amica, esperte nell’organizzazione all’ultimo secondo, decidemmo di farci una bella passeggiata sul lungomare per poi andare in villa e acquistare un gustosissimo
sorbetto al limone.
Dopo aver camminato per due ore all’incirca, ci recammo nel chioschetto della villa comunale e facemmo la fila per il nostro attesissimo sorbetto. Non ci crederete mai, davanti a noi c’erano
Simone e il suo amico, quello con il quale aveva trionfato nell’ultima elezione a rappresentante d’istituto. Simone si voltò e con il suo classico ghigno:”Belle signorine, buonasera, aspettateci su quella panchina e vi porteremo le granite”
Io stavo per rifiutare, ma Melissa si sovrappose e mi rimproverò:”Tu sei completamente impazzita,
i due ragazzi più belli della scuola ci stanno offrendo il nostro cibo preferito e tu dici no??”
Ribattei dicendo: "La pazza sei tu. Vuoi capire che quei due vogliono solo portarci a letto?”
E lei:”Brava, complimenti la soluta mentalità da “paesanotta”…passi tutto il giorno attaccata a un
vocabolario, goditi i tuoi 16 anni e rischia, innamorati e sii libera”
Adirata, feci ritorno a casa, nel frattempo i due “bravi” ragazzi si avvicinarono alla panchina dove era seduta Melissa e Simone domandò di me. La mia migliore amica, penso gli abbia dato l’indirizzo di casa mia, perché il miserevole suonò il mio citofono, obbligandomi a scendere.
Scesi e gli vomitai addosso le peggiori cose che una persona possa sentirsi dire: "Meschino”, “egocentrico”, “Giuda”, “narcisista”, “raccomandato” etc…
Ci volle un po' prima che mi tranquillizzassi, mi sedetti sul cruscotto dell’auto di mia madre e lui a piccoli passi si avvicinò a me.
“Adesso come ti senti?”
“Starei meglio se sparissi in questo preciso momento”
Inevitabilmente, accadde ciò che non sarebbe dovuto accadere mai più, mi accarezzò il viso e pian piano le distanze tra la mia e la sua faccia divennero minime. Sì, ci baciammo in modo, oserei dire “passionale” e diventai come plastilina.
Da quella sera, iniziammo a vederci di nascosto dopo la scuola, fino a quando, giunse la sera che cambiò tutte le altre.
Mi portò a Napoli, nella sua tenuta estiva di Posillipo con una vista mozzafiato, mangiammo e in seguito mi portò nella camera da letto dei suoi genitori dalla quale “sbucava” un balcone infinito e
si vedevano Ischia e Capri.
Si chinò al mio cospetto con un bellissimo anello:”Lo so, siamo giovani e in fondo sarebbe una sciochezza, ma io gradirei sposarti oggi stesso”
Con le lacrime agli occhi e un terribile nodo alla gola gli proposi di darmi l’anello, farmi la proposta e di aspettare almeno la mia laurea”
Eseguì e iniziammo a baciarci…beh, con un’intera casa e un letto matrimoniale a disposizione, quella notte feci l’amore con lui per la prima volta. Mi batté forte il cuore e credetti veramente di aver incontrato l’uomo della mia vita. Una magia mi aveva stregata ed era racchiusa tutti nei suoi occhi azzurri come l’acqua della mia amatissima Costiera Amalfitana.
Il mattino seguente, avendo fatto le ore piccole la notte precedente, ci svegliammo abbastanza tardi e solo dopo aver sorseggiato un eccellente caffè, realizzai di avere due genitori, che non
sentivo e vedevo da quasi ventiquattro ore.
Prendemmo il primo treno per Salerno e io mi precipitai a casa, nessuno in famiglia sospettava della mia relazione clandestina!
Mio padre, infuriato, mi chiese il perché non avessi avvisato della mia permanenza a casa di Melissa.
Stavo per cadere dalle nuvole, poi capii che Melissa mi aveva salvato la vita, dicendo che la notte precedente rimasi a dormire a casa sua.
Il giorno successivo, ringraziai la mia migliore amica e le raccontai della mia relazione con Simone.
Appena le dissi di ciò che era capitato due notti prima cambiò espressione e freddamente mi salutò.
Insospettita, riferii al mio fidanzato la reazione di Melissa alla mia confessione, lui mi disse che probabilmente era legato al vice rappresentate di istituto, con il quale la mia adorata amica stava
insieme.
“Filippo Melissa?” Assente.
“Filippo Melissa?” Assente!
Così furono le due settimane successive all’ultimo incontro tra me e lei, dopo un po' mi feci coraggio e andai a casa sua. Una fila chilometrica di persone dietro la porticina della sua cameretta, chiusa a chiave da lei. Per due settimane intere si rinchiuse in camera fino a quando
non udì la mia voce e mi accolse.
Ci stringemmo forte e mi rivelò il suo segreto:”Sai, hai sempre avuto ragione su quei due, sono due
irresponsabili e portano solo guai…guarda qui”
Con la mano tremante e le lacrime che scendevano da sole, mi mostrò un test positivo di gravidanza, che fece prima di segregarsi in casa.
Le promisi di proteggerla anche se avesse deciso di non voler portare avanti la gravidanza.
Mi invitò ad uscire e non la vidi mai più. Si suicidò tagliandosi le vene con del vetro e insieme a lei anche il suo bambino. Quando l’autopsia rivelò la gravidanza di Melissa, suo padre lasciò la città per sempre e sua madre cadde in depressione rifugiandosi nell’alcol e nell’assunzione di droghe.
Anche in me cambiò il modo di pensare e decisi di lasciare Simone, anche perché da lì a qualche
mese avrebbe dovuto sostenere l’esame di Stato. All’inizio la prese malissimo e cercò di persuadermi affinché cambiassi idea, però fui irremovibile.
Passarono i mesi e cercai di dimenticare tutto quello che era successo a Melissa e i suoi familiari, feci amicizia con una ragazza della sezione C e mi trovai benissimo.
Certo, non vi nascondo che avessi pretendenti a destra e a manca, ma non cedetti mai. Arrivò subito l’anno della maturità e un giorno, ci recammo in gita al San Carlo per vedere una commedia
greca. Presi posto e scorsi il rumore di una risata a me familiare. Era lui! Sedeva sotto di me e ignara di averlo sentito ridere, ci salutammo affettuosamente all’uscita del teatro. Mi offrì un gelato e mi promise che, sarebbe tornato a Salerno per stare un pomeriggio in mia compagnia.
Cedetti, venne nella mia città il giorno del mio compleanno, volle vedermi a tutti i costi e mi portò anche un regalo. Ci bastò un solo sguardo per riaccendere in noi la passione e l’amore che ci travolsero qualche anno prima. I suoi abitavano ancora a Salerno e mi portò a casa, facemmo l’amore, ma quella volta fu totalmente diverso.
Avevo forti dolori alla pancia e le mestruazioni saltarono quel mese, acquistai un test e…trovai la risposta che mi cambiò l’esistenza. Prima di allarmare i miei genitori e Simone aspettai circa un
mese, ma i dolori non mancavano e gli indumenti iniziarono ad andarmi stretti. A quel punto presi la mia macchina e andai a casa sua.
Citofonai tante volte senza ricevere risposta, fino a che non uscì una prostituta dal cancello.
Indemoniata, mi infilai, prima che le sbarre si richiudessero e bussai insistentemente.
Mezzo ubriaco mi aprì la porta e mi mise davanti un bicchiere di Cognac. Gli dissi del bambino e scoppiò a ridere.
“Sei una sgualdrina che pensa solo ai miei soldi…guarda tu che palla assurda hai inventato pur di ereditare i miei beni!”
Presi il bicchiere e gli versai il liquido in faccia. Questo mio gesto fu la cosiddetta “goccia che fece traboccare il vaso”. Si avvinghiò verso di me e con uno schiaffo mi stese a terra. Ricordo solo tanti
calci, ma soprattutto il pianto disperato di un bambino che mi avrebbe voluto dire:”Mamma, ti
voglio bene.”

Maria Vittoria Giglio (I A Liceo classico)


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