IF A TREE COULD TALK... di SERENA ABBADESSA

 Era il 10 maggio 1940, i Paesi Bassi furono attaccati e occupati dalla Wehrmacht tedesca: le forze olandesi capitolarono. Anche per gli ebrei dei Paesi Bassi incombeva lo stesso destino di quelli delle altre zone occupate.

Arrivò il 17 luglio. Quel giorno partì il primo treno per Auschwitz e agli ebrei fu tolta la cittadinanza, e nel mattino del 4 agosto 1944 Joseph fu deportato al campo di concentramento di Amersfoort.

Il ragazzo ormai solo, strappato via dalla sua famiglia, percorse l'ingresso insieme agli altri trasportava i mattoni, e chi, come il ragazzo, gli venne dato il lavoro di piantare gli alberi. Quello era il suo compito del giorno. Allora si munì di zappa e cominciò a scavare fino ad ottenere una grossa buca per lasciarci cadere infine il seme. 

Da quel giorno passarono mesi e mesi di duro lavoro, e ogni giorno il ragazzo dopo il lavoro si recava dove aveva piantato il seme per annaffiarlo, e la piantina, cresceva sempre di più. 

Dopo un anno era diventata un alberello dalle foglie, le poche che c'erano, verdi, un verde speranza. Beh la speranza, che idiozia dite vero? Ma no, il ragazzo non smetteva mai di credere nella speranza, così ogni notte, fatta eccezione per quelle volte che non poteva, raccontava all'albero della speranza che un giorno tutto questo sarebbe finito.

Un notte Joseph si sentì più solo che mai, ma durò poco perché si ricordò del suo unico amico, dato che non ne aveva altri, per via della regole dei soldati.

"Zitti e lavorate" "zitti o vi uccido" e altre minacce varie, l'unico momento per socializzare era la notte ma il ragazzo la spendeva con il suo alberello. 

Come ogni sera, facendo sempre attenzione alle guardie, sgattaiolava via dal suo capannone per piazzarsi a gambe incrociate davanti l'albero. 

"Allo che mi dici di bello?" Chiese all'albero, mettendosi subito dopo a ridere.

"A sì, tu non puoi parlare" Disse fra sè e sè... 

Se solo sapessi la verità- pensò l'alberello. 

Erano mesi che voleva parlargli, confortarlo, dirgli che tutto quello che sta passando preso un giorno finirà e potrà essere libero 

"Allora inizio io... spaccare le pietre sotto il sole cocente, spaccare le pietre sotto il sole cocente e.. Oh ma guarda un po! Spaccare le pietre sotto il sole cocente. Ma non posso lamentarmi perché oltre alla solita minestra al gusto di vomito oggi mi hanno dato anche un pezzetto di pane, era duro si ma me lo sono fatto bastare. Non vedo l'ora che tutto questo finisca sai?" Disse ormai ammirando il cielo sopra di lui.

-Andrà tutto bene, tutto questo finirà. E quando sarai libero forse, riuscirai a trovare anche un lavoro, e perché no anche un ragazzo e mettere su famiglia. Infondo sei ancora un giovanotto hai tanta strada di fronte a te e tu percorrila perché quella è la strada della felicità, se tu lo vorrai.-

Vorrebbe seriamente dire tutte queste al ragazzo ma non può, è solo un albero piantato in un campo.

"La vedi quella stella?" E indicò la stessa li nel cielo blu.

"Quella se fa parte dell'orsa maggiore." 

- E tu come fai a saperlo?- 

Come se Joseph avesse ascoltato le sue parole, disse:

"Mamma me la mostrò al mio quinto compleanno. Disse che quello era stato il suo regalo, a quei tempi i soldi scarseggiavano in casa perché papà aveva perso il lavoro e lo stipendio di mamma serviva per mantenere la famiglia, potrai prendermi per pazzo se vuoi ma quello è stato il regalo più bello che io abbia mai avuto." 

- Immagino, la tua mamma doveva volerti molto bene- 

A quel punto si alzò, diede un rapido saluto al suo amico e si incamminò verso il capannone. 

-Tu non ti meriti l'orsa maggiore, ma ti meriti tutto cosmo. Hai un animo puro e questo fa di te una vera persona. Tu un giorno, prima o poi, raggiungerai la felicità e la felicità si chiama libertà.- 

E dopo questo l'albero si addormentò pensando al suo amico.

 

Passarono notti come quelle e di nuovo Joseph si ritrovò a gambe incrociate ai piedi dell'albero a parlare con lui.

"Hei amico come va? Be oggi non è stata tanto un bella giornata. Un tizio mi è morto davanti agli occhi... ma per il resto tutto normale"

-fa male pensare come tutto questo possa essere "normale" oramai vero? Sono quasi due anni che sei chiuso qui. Come riesci a guardare gente morire davanti ai tuoi occhi e dire che è normale?

Come puoi prendere tu stesso quella gente morta e buttarle in una fossa comune cose fosse l'immondizia che butti in un bidone è dire che è normale? Come puoi?

Spiegamelo perché io al posto tuo sarei già crollato- pensò. 

"Sai il cielo mi ricorda molto l'Inghilterra" 

-davvero, perché?- era curioso della risposta e come se lo stesse leggendo nel pensiero lui rispose 

"Un anno mamma ci portò  a Londra, il cielo era stupendo.

Sai quando è bello il cielo sopra l'Inghilterra?" Disse guardando il cielo scuro contornato di stelle 

-non saprò quando è bello il cielo sopra l'Inghilterra ma so quanto verde sta nei tuoi occhi, un verde pieno di speranza- prigionieri che da subito furono costretti al lavoro forzato. Chi divideva le pietre, chi invece trasportava i mattoni, e chi, come il ragazzo, gli venne dato il lavoro di piantare gli alberi.

Quello era il suo compito del giorno. Allora si munì di zappa e cominciò a scavare fino ad ottenere una grossa buca per lasciarci cadere infine il seme. 

Da quel giorno passarono mesi e mesi di duro lavoro, e ogni giorno il ragazzo dopo il lavoro si recava dove aveva piantato il seme per annaffiarlo, e la piantina, cresceva sempre di più. 

Dopo un anno era diventata un alberello dalle foglie, le poche che c'erano, verdi, un verde speranza. Beh la speranza, che idiozia dite vero? Ma no, quella era l'unica in cui il ragazzo non smetteva mai di credere, così ogni notte, fatta eccezione per quelle volte che non poteva, da poche settimane a quella parte raccontava all'albero della speranza che un giorno tutto questo sarebbe finito.

Un notte Joseph si sentì più solo che mai, ma durò poco perché si ricordò del suo unico amico, dato che non ne aveva altri per via della regole dei soldati. 

"Zitti e lavorate", "zitti o vi uccido" e altre minacce varie, l'unico momento per socializzare era la notte ma il ragazzo la spendeva con il suo alberello. 

Come ogni sera, facendo sempre attenzione alle guardie, sgattaiolava via dal suo capannone per piazzarsi a gambe incrociate davanti l'albero. 

"Allo che mi dici di bello?" Chiese all'albero, mettendosi subito dopo a ridere.

"Ah sì, tu non puoi parlare" Disse fra sè e sè... 

-Se solo sapessi la verità- pensò l'alberello. 

Erano mesi che voleva parlargli, confortarlo, dirgli che tutto quello che sta passando preso un giorno finirà e potrà essere libero.


"Allora inizio io... spaccare le pietre sotto il sole cocente, spaccare le pietre sotto il sole cocente e.. Oh ma guarda un po! Spaccare le pietre sotto il sole cocente. Ma non posso lamentarmi perché oltre alla solita minestra al gusto di vomito oggi mi hanno dato anche un pezzetto di pane, era duro si ma me lo sono fatto bastare. Non vedo l'ora che tutto questo finisca sai?"

Disse ormai ammirando il cielo sopra di lui.

-andrà tutto bene, tutto questo finirà. E quando sarai libero forse, riuscirai a trovare anche un lavoro, e perché no anche un ragazzo e mettere su famiglia. Infondo sei ancora un giovanotto hai tanta strada difronte a te e tu percorrila perché quella è la strada della felicità, se tu lo vorrai.-

vorrebbe seriamente dire tutte queste al ragazzo ma non può, è solo un albero pianto in un campo 

"La vedi quella stella?" E indicò la stessa li nel cielo blu 

"Quella se collegata ad altre stelle forma l'orsa maggiore." 

- e tu come fai a saperlo?- 

E come se Joseph avesse ascoltato le sue parole, disse: "Mamma me la mostrò al mio quinto compleanno. Disse che quello era stato il suo regalo, a quei tempi i soldi scarseggiavano in casa perché papà aveva perso il lavoro e lo stipendio di mamma serviva per mantenere la famiglia, potrai prendermi per pazzo se vuoi ma quello è stato il regalo più bello che io abbia mai avuto" 

- immagino, la tua mamma doveva volerti molto bene- 

A quel punto si alzò, diede un rapido saluto al suo amico e si incamminò verso il capannone. 

-tu non ti meriti l'orsa maggiore, ma ti meriti tutto cosmo. Hai un animo puro e questo fa di te una vera persona. Tu un giorno primo o poi raggiungerai la felicità e la felicità si chiama libertà.- 

E dopo questo l'albero si addormentò pensando al suo amico. 

Passarono notti come quelle e di nuovo Joseph si ritrovò a gambe incrociate ai piedi dell'albero a parlare con lui

"Hei amico come va? Be oggi non è stata tanto un bella giornata. Un tizio mi è morto davanti agli occhi... ma per il resto tutto normale"

-fa male pensare come tutto questo possa essere "normale" oramai vero?


Sono quasi due anni che sei chiuso qui. Come riesci a guardare gente morire davanti ai tuoi occhi e dire che è normale? Come puoi prendere tu stesso quella gente morta e buttarle in una fossa comune cose fosse l'immondizia che butti in un bidone è dire che è normale? Come puoi? Spiegamelo perché io al posto tuo sarei già crollato- pensò  

"Sai guardando il cielo mi ricorda molto l'Inghilterra" 

-davvero, perché?- era curioso della risposta e come se lo stesse leggendo nel pensiero lui rispose 

"Un anno mamma ci portò  a Londra, il cielo era stupendo. Sai quando è bello il cielo sopra l'Inghilterra?" Disse guardando il cielo scuro contornato di stelle 

-non saprò quando è bello il cielo sopra l'Inghilterra ma so quanto verde sta nei tuoi occhi, un verde pieno di speranza- 

Quella sera rimase più del dovuto per ammirare la sua orsa maggiore

Era il 2 settembre del 1945, si sentivano spari e urla. Gli inglesi aveva vinto la guerra. Un soldato inglese si avvicinò al ragazzo 

"Ragazzo sei libero" 

Il ragazzo corse subito dall'albero.

"Ti porterò con me, sarai libero anche anche tu" e così fece strappo una foglia dall'albero e se la tenne fino alla fine.


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